Distacchi e tempi sono i numeri che ci disegnano la corsa oltre le immagini che vediamo in televisione e ci fanno capire se è in corso un’impresa, una rivoluzione, oppure solo un fuoco di paglia.
Siamo andati a curiosare sul funzionamento della macchina del cronometraggio per scoprire che ci sono tanti cronometri che si avviano quando lo starter abbassa la bandierina o, più scenograficamente, spara il colpo di pistola che segna la partenza della corsa. Il cronometro ufficiale segna il tempo totale di gara. Si farà fede su quello per calcolare la media della corsa e la classifica generale con i distacchi. Ma il cronometro è anche il disegno tecnologico della corsa che si evolve. Ce ne dà profondità e caratteristiche e, in fondo, il tempo di passaggio sull’arrivo è solo una delle misure che vengono prese. Non ci sarà la precisione del millesimo di secondo, come è necessario per delineare la classifica, ma il tempo preso dai cronometristi lungo la strada dà l’idea dell’evoluzione della corsa. Si tratta di una squadra di persone in motocicletta e auto coordinati, nelle gare italiane, come il Giro d’Italia, da Gianni Seghetti: 33 corse rosa e 25 mondiali di esperienza.
Nella sua auto ci sono due cronometri e la radio per coordinare i collaboratori. Difficile sbagliare quando c’è lui in corsa. Ed è importante, perché sulle sue informazioni si sviluppano le tattiche delle squadre in corsa. Storie di cronometristi che raccontano la storia.
Nino Rinaldi è un cronometrista storico del ciclismo e dello sport. Ha iniziato a lavorare con le Olimpiadi di Roma del 1960, dal 1964 ha iniziato a seguire il ciclismo ed è il riferimento tutt’oggi anche dei cronometristi che sono giornalmente al seguito del Giro e della altre gare italiane.
Oggi le cose sono cambiate, la tecnologia dà una grande mano alla precisione, ma l’intervento umano è fondamentale per evitare errori, ma anche per trovare nuove chiavi di lettura e curiosità dalle corse.
«L’arrivo della televisione sembrò inizialmente la fine di un certo tipo di lavoro: ormai si poteva vedere tutto direttamente senza bisogno di racconti e immaginazione, ma proprio giocando con i tempi e i dati raccolti trovammo altri spunti» Spiega Rinaldi.
«Nel 1994, ad esempio, ci accorgemmo che Pantani avrebbe vinto il Giro con un gran ventaggio, senza le frazioni a cronometro. Giochini, ovviamente, ma hanno aiutato a fare ragionamenti, a capire il valore di alcuni corridori – prosegue Rinaldi – come i settanta all’ora che fece Cipollini negli ultimi 200 metri di un arrivo in volata».
Storie di cronometri e di arrivi. Ci sono giudici con l’occhio allenato che se dicevano che un corridore era davanti all’altro nessuno protestava e, anzi, si convinceva lui di aver visto male.
Oggi ci sono strumentazioni avanzate per non sbagliare. È storia di questi giorni anche al Tour.
Potete leggerne nella seconda parte del nostro servizio (cliccare qui)
Guido P. Rubino
(Articolo realizzato con la collaborazione di CycleMagazine.fr)