Ecco la seconda parte del nostro lavoro sui cronometristi (qui la prima parte)
Al fotofinish non si sfugge e non si raccontano bugie. La sua evidenza è inappellabile perché riesce a stabilire le posizioni e non solo. Il fotofinish permette di definire perfettamente anche i distacchi, perché, collegato al cronometro ufficiale della corsa, può definire al millesimo di secondo il passaggio di ogni corridore sulla linea del traguardo. Uno strumento che diventa indispensabile per valutare i distacchi con precisione lì dove non dovessero funzionare i transponder montati sulle biciclette oppure dovessero mancare proprio nel caso un corridore avesse sostituito la bicicletta durante la gara. E non è un problema da poco: «Sul traguardo bisogna registrare i tempi con molta attenzione – spiega Nino Rinaldi, storico cronometrista della Federazione Italiana Cronometristi che ci ha fatto da guida in questo nostro viaggio nella misurazione del tempo nel ciclismo – e se dai transponder si rileva un “buco”, occorre verificare se corrisponda davvero a un distacco da quantificare, oppure se in quel punto c’era un qualche corridore senza transponder».
Il fotofinish è in quelle torrette che sostengono l’arrivo. Non basta fissare uno striscione, occorre allestire una vera e propria postazione di rilevamento. Ecco perché il tutto viene montato anche con un giorno d’anticipo.
L’addetto al fotofinish si arrampica sulla scaletta e i tralicci che sostengono il traguardo. Abbiamo curiosato per un giorno tra alcuni dei maggiori esperti italiani del fotofinish: Alessandro Ciricosta e i suoi colleghi, Angelo Masin e Federico Aimar, della Federazione Italiana Cronometristi. Sono loro che si danno da fare con la strumentazione evoluta e digitale che ha sostituito i metri di pellicola che una volta dovevano correre veloci come i corridori per poi essere sviluppati al volo e guardati all’ingranditore di diapositive.
Oggi c’è il computer e per fortuna. Come abbiamo visto al Tour de France, ma anche al Giro d’Italia, nelle occasioni dubbie sulla linea d’arrivo è questione di pochissimo tempo, quello necessario per rivedere l’arrivo registrato dal fotofinish e marcare con precisione assoluta le ruote dei concorrenti. A quel punto saranno i numeri a stabilire chi è passato davanti all’altro.
Come funziona il fotofinish
Il fotofinish ha un nome: FinishLynx, occhio di lince. È lo strumento che, montato su un treppiede opportunamente posizionato, osserva l’arrivo allineato con precisione alla striscia a terra. Si tratta di una telecamera speciale, digitale, collegata direttamente ai computer dei cronometristi sull’arrivo. Nelle gare più importanti viene montata una doppia telecamera, su entrambi i lati dell’arrivo, così da avere un sistema di backup in caso di malfunzionamento o di dubbio se un corridore fosse coperto da un altro.
FinishLynx è il nome dell’azienda americana che produce questi strumenti di precisione utilizzati nei cronometraggi di tutti gli sport. In realtà non si tratta di una telecamera, ma nemmeno di una fotocamera. Monta un obiettivo fotografico (vengono utilizzate ottiche fisse, la cui lunghezza focale viene scelta sul momento in base alla posizione dell’arrivo e alla larghezza della strada) che proietta la luce solo su una singola fila di pixel. Quel che viene memorizzato, quindi, è la somma di quanto passa davanti a quella fessura di pixel fotosensibili. Cinquemila frame al secondo, ora anche diecimila: precisione assoluta. Lo sfondo ripetuto mette ancora più in risalto l’immagine catturata che viene trasmessa immediatamente, tramite un cavo di rete, ai computer che devono elaborarla. Il risultato è una striscia lunghissima che corrisponde al passaggio di tutti i soggetti che tagliano il traguardo. Per praticità vengono tagliati dalla visione tutti gli spazi vuoti così da avere una sequenza unica di corridori.
Come si vede, appunto, lo sfondo è replicato e i corridori risaltano ancora di più. Il cronometrista applica un marker, una riga, sulla ruota di ciascuno, così da avere l’evidenza del distacco. Se il sistema è collegato al cronometro, poi, ad ogni riga corrisponderà un tempo, esatto al millesimo di secondo, così da poter valutare eventuali distacchi.
La precisione è assoluta, ma con questo metodo richiederebbe del tempo classificare tutto il gruppo, per questo si fa riferimento al transponder e si interroga il fotofinish solo in caso di necessità.
Ovviamente classifica e distacchi possono essere relativi in una gara in linea, ma assumono un valore diverso in una corsa a tappe dove c’è da compilare con precisione la classifica generale ad ogni tappa.
«Oppure nelle gare amatoriali – sorride Ciricosta – quando ci capita di seguire col fotofinish qualche gara di questo tipo spesso c’è una sequela di reclami da valutare perché ognuno tiene tantissimo alla sua posizione. Tra i professionisti, dopo i primi, si disinteressano completamente al piazzamento, o quasi. E i reclami non capitano mai».
Tanto meno dai velocisti che, si dice, sappiano perfettamente come sono andate le cose sulla riga. Anche se hanno vinto o perso per pochi millimetri.
Chissà cosa ne avrebbe detto Dante Garioni, storico vice direttore del Giro d’Italia ai tempi di Torriani. Lui gli arrivi li faceva a occhio e aveva la fama di non sbagliare mai, neanche con la nebbia. Al punto che i corridori non osavano contraddirlo, tanto era il suo carisma. Piuttosto si convincevano di aver sbagliato loro, perché se “l’aveva detto Garioni” era andata sicuramente così.
Curiosità
Una piccola galleria di arrivi “insoliti”. Il fotofinish registra tutto ciò che passa sulla linea d’arrivo (anche per quello è vietato passare sotto l’arrivo finché non sono transitati tutti i corridori).
Per chi volesse saperne di più sul sistema FinishLynx: www.finishlynx.com
(Articolo realizzato con la collaborazione di CycleMagazine.fr)
Guido P. Rubino
Innanzitutto complimenti per l’articolo. Sono d’accordo è uno strumento precisissimo e che non può mancare soprattutto in quelle gare dove bisogna assolutamente dare un ordine ben preciso dei corridori.