29 mag 2016 – Apertura e chiusura olandese per il Giro d’Italia. Arancione, oltre che rosa, per territorio di partenza e corridori vincenti. Ha iniziato Dumoulin, hanno concluso Maarten Tjallingii dopo una cronometro a coppie con il compagno di squadra Jos Van Emden ed entrambi compagni di squadra di quel Kruijswijk che sembrava promettere di arrivare in rosa a Torino.
I due corridori della Lotto NL Jumbo si sono preso in parte quella visibilità perduta per l’incidente nella discesa del Colle dell’Agnello. Una concessione di marketing? Anche no: sono due bei passisti e il circuito finale rendeva difficili gli inseguimenti del gruppo. Il grosso ha avuto ragione della fuga solo a 7 chilometri dall’arrivo col tempo neutralizzato e i migliori che si lasciano sfilare dai pericoli. E hanno fatto bene visto che l’impeto agonistico ha giocato un brutto scherzo a Sonny Colbrelli partito con foga e follia senza guardare avanti e toccando il pubblico scaraventandosi a terra. In precedenza erano caduti anche Uran e Chaves, col secondo che andava a sincerarsi delle condizioni del primo. Altro bel gesto, dopo la lezione di umanità dato nelle interviste (“Sono contentissimo per il risultato, gli altri erano più forti, quindi va bene così. In fondo ho perso solo una corsa in bicicletta”).
E allora vince Nikias Arndt, altro tedesco, tanto per cambiare. Il Giro nelle volate è andato così. Nonostante i ritiri eccellenti e brutti di chi non si cura troppo dell’onore ma solo della convenienza.
Bravo ancora di più Nibali allora. Quando il suo preparatore aveva paventato anche il ritiro dalla corsa, nei giorni più bui che ora sembrano così lontani, Vincenzo aveva reagito con forza: “Ho già l’umiliazione di questa classifica che mi caccia in giù, non aggiungerò anche l’umiliazione del ritiro”. Bravo sì. Lui il valore del Giro l’ha capito e lo porta in alto. Che sia di esempio!
Guido P. Rubino