25 lug 2016 – Lo diciamo? Aspettavamo tutti la sorpresa, com’era avvenuto al Giro d’Italia ormai così lontano. Anche se dare del noioso a questo Tour de France significa comunque essere ingiusti, c’è stato di peggio comunque anche se i colpi di scena ce ne sono pure stati. Ma è stata una corsa in cui c’è stato comunque un dominatore, più forte di tutti e difficile da scalzare e tutti gli altri dietro a difendersi prima di pensare ad attaccare. Perché non si scappa: il Tour è così importante che arrivare nei primi dieci ha un senso anche economico. E allora si corre per attaccare ma anche per difendere ciascuno la propria posizione. La maggiore fonte di noia, a ben guardare, non è nel percorso o nel vincitore più forte di tutti, ma parte proprio da qui.
Uno forte, con la squadra forte, rischia di ammazzare subito la corsa e tutto sommato ci è andata pure bene che ci ha fatto vedere qualcosa di più. Chi si sarebbe aspettato Froome all’attacco in discesa e in pianura in quel giorno di vento pazzesco.
Poi c’è Sagan. Peter Sagan sta alle corse a tappe come l’amico che fa ridere tutti sta alle feste. Se c’è lui comunque si sa che ci sarà da raccontare qualcosa di diverso. Il campione del mondo è stato strepitoso e ha dato spettacolo come e quando poteva. E quando non poteva tagliava il traguardo impennando per l’immagine di un ciclismo bello che piace davvero a tutti. E allora il Tour funziona pure.
Certo non ci sono state grandi tattiche. Molte più parole di quanto non si sia visto poi sulla squadra. Il simbolo di come sia stato questo Tour può essere il terzo posto di Quintana. Mai all’attacco, mai uno scatto, uno che ha badato solo a difendersi è finito sul podio riuscendo a contenere pure una condizione affatto brillante.
Gli italiani hanno lasciato un segno negativo. E sì che in casa Astana di domande ce ne sono da farsi, a cominciare dal far andare come punta al Tour uno che non lo ha mai corso e caricato pure dalla responsabilità di avere come gregario un altro che ha vinto Giri d’Italia e Tour de France. Non lo avessimo considerato forzatamente tra i favoriti ora staremmo ad elogiarlo invece che stare a discutere di cosa non è andato. Col senno di poi sembra un Tour interpretato al contrario ma, onestamente, Aru avrebbe potuto fare di più a parte quella giornata storta (che in uno che va al Tour per la prima volta ci sta pure, anche se ha già vinto una Vuelta).
A proposito, il Tour de France
È la corsa più importante del mondo, un evento sportivo che viene considerato dietro, per importanza, solo a eventi sportivi come Olimpiade estiva e finale del mondiale di calcio. Cose che capitano ogni quattro anni, mentre il Tour è annuale. Un evento enorme, elefantiaco e certamente complesso da organizzare e con una struttura che viene presa da esempio (l’arrivo a Parigi è roba da colossal cinematografico, e pensare che noi avremmo Roma). Eppure abbiamo visto la corsa gialla scivolare clamorosamente un paio di volte quest’anno. Il gonfiabile dell’ultimo chilometro che si abbatte sulla corsa ci sembrava già tanto, ma sono riusciti a superarsi col pasticcio della moto che ha tirato giù, in salita, i primi della classifica. Pasticcio nel pasticcio per la pessima gestione della situazione dal quale se n’è usciti con un “nulla di fatto” che ha creato un precedente pericolosissimo. E l’assenza dei comunicati giornalieri della giuria di quel giorno di ignominia la dice lunga di come i francesi abbiano messo la polvere sotto al tappeto. Roba da far arrossire l’ultima corsa amatoriale di paese… No signori, non si fa così. E pensavamo di aver visto tutto dopo aver visto una macchina dell’organizzazione sbattere sul filo spinato il povero Hoogerland senza neanche mai sapere chi fosse alla guida. Ma quanta polvere c’è sotto a quel tappeto?
Nonostante queste parentesi pessime al Tour resta sempre la sua grandezza e le ottime idee che ne fanno un apparato di promozione unico nel mondo. Ogni giorno il canale Youtube della corsa ha dedicato un video ai paesaggi della tappa. Roba da far venire voglia di prendere la valigia e partire subito. Roba da far vedere una corsa ciclistica anche a chi del ciclismo non importa nulla. Chi promuove di più la Francia del Tour? C’è da ragionare su questo. Il ciclismo è promozione del territorio oltre che di sport. È lo sport più legato al turismo che ci sia. Che se pensiamo che una delle maggiori industrie dell’Italia è il turismo il calcolo apparirebbe così ovvio da non spiegarci, logicamente (ed economicamente), come il ciclismo possa soffrire all’interno dei nostri confini.
Ora, a proposito di grandi eventi, è il momento delle Olimpiadi. Anche qui altre promesse da mantenere. Il Tour avrà ora da leccarsi qualche ferita, e magari imparare, udite udite, dal Giro d’Italia. Anche il Giro ha da imparare dal Tour però. Guai a pensare di essere i migliori evitando il confronto. Gli scivoloni gialli, tutto sommato, insegnano anche questo.
Guido P. Rubino