20 nov 2017 – Due soli neopro’ Italiani in squadre Protour. Dieci Neopro’ Italiani in tutto. Il ciclismo è praticamente stato inventato in Italia – si narra che il primo Campionato del Mondo abbia avuto luogo fra Firenze e Prato negli ultimi anni del ‘800. In squadre Italiane hanno corso gente come Eddy Merckx, Roger De Vlaeminck, Rudi Altig solo per dirne qualcuno, che venivano da noi, in strutture nostre, con organizzazioni nostre per gareggiare. Nel ciclismo fino al 2000 circa per un Italiano non serviva imparare una lingua straniera: i comunicati ufficiali e radio corsa era in Francese, ma tutti capivano l’Italiano, dal Sud America all’Australia e perfino in Francia dove tutti sono restii ad imparare una lingua che non sia la loro. Perché i corridori italiani erano tanti, e facevano scuola: le squadre Americane cercavano di ingaggiare Italiani e portarli da loro, per imparare da noi. Gli Italiani in America andavano a fare i capitani, come ha fatto Roberto Gaggioli qualche anno fa.
Ora guardiamo i dati del 2018 e ci sentiamo in piedi sul bordo di un precipizio. Non ci saranno squadre World Tour, che un tempo venivano chiamate GS1. In ogni caso nessuna squadra di prima fascia. Ergo: gli Italiani vanno tutti a correre all’estero. E di questi solo 2 giovani hanno trovato contratto. Altri 8 sono riusciti a rientrare in squadre di seconda fascia. Poca roba rispetto ai numeri ai quali eravamo abituati 10 anni fa, con 30, 40 o 50 neo pro a stagione.
Ecco forse un lato positivo c’è in tutto questo: quando riuscii a passare professionista io, praticamente il 70 per cento del gruppo dei neo pro aveva portato uno sponsor. Io, senza sponsor, con una maglia azzurra in tasca da Under 23 e 11 vittorie sono stato costretto ad accasarmi in una squadra di terza fascia. Come al solito questo sistema truffaldino che avviene in tutto il mondo aveva trovato il suo apice nella furberia tipica degli Italiani, con Direttori Sportivi che hanno costruito ville imperiali sulla pelle dei giovani che cercavano un modo per mettersi in mostra. E come al solito gli Italiani hanno fatto il loro giochino “oggi mangio quello che c’è, domani si vedrà”. Il problema è che il domani è arrivato, e quando avevamo una condizione di leadership mondiale tutti hanno pensato a mangiare quello che c’era, e nessuno ha pensato a creare delle basi per il futuro.
Nella Federazione ora esce fuori un buco economico catastrofico. In questa situazione attuare un piano di inversione di marcia è utopistico. Tutto il carico per ritornare ai vecchi fasti come al solito viene affidato ai ragazzi, ai volontari che lavorano intorno a loro, ai genitori, alle squadre che lottano con sponsorizzazioni che non esistono più. E anche questa è tutta una storia tipicamente Italiana: i grandi manager fanno i buchi, ne escono con la faccia pulita, e agli Italiani – quelli veri – tocca rimettere in piedi il disastro. Come al solito gli Italiani tireranno fuori quel loro tocco di estro in più e ce la faranno, fino a quando non ripiomberà un altro super manager.
Stefano Boggia
parole sante
E’ sempre la solita storia: quando va tutto bene, si sfrutta il massimo senza pensare alle conseguenze. Ora il ciclismo italiano, e non solo (vedi calcio), paga l’egoismo di coloro che comandavano. L’italiano però è simbolo di testardaggine e inventiva: risorgerà da questa brutta situazione.