9 set 2019 – Tornati da Eurobike, nella periferia di Friedrichshafen, sulle sponde tedesche del lago di Costanza, è il momento di fare un po’ di conti. E c’è da farli in due direzioni. Uno riguarda la fiera in sé, come evento, l’altro parla dei contenuti.
Sono argomenti correlati tra loro, perché se in questa edizione la sensazione netta è stata di un calo abbastanza evidente, non possiamo comunque declassarla a fiera meno importante. Eurobike gode ancora di un primato internazionale e, pure considerando una crisi del settore fieristico, ha ancora tanto da dire.
Certo non si poteva fare a meno di notare qualche corridoio più largo del solito, qualche spazio riempito un po’ frettolosamente. Fantascienza fino a qualche anno fa in cui c’era la coda per partecipare a qualsiasi costo. Il calo era evidente anche di pubblico, anche se i numeri ufficiali dicono altro (43mila visitatori lo scorso anno, 60mila quest’anno) e in effetti si fa un po’ fatica a stargli dietro anche considerando il giorno in più di esposizione rispetto all’edizione di luglio 2018 (poi subito riportata a settembre – altro segno di una “instabilità” del settore che fa ondeggiare anche la corazzata Eurobike).
Da dire c’è comunque tanto dal punto di vista tecnico. Anche se mancano, ormai storicamente, i grandi marchi del ciclismo (controcorrente Bianchi, tornata a Eurobike per presentare il suo progetto e-Suv) ci sono da notare tendenze che stanno trasformando anche profondamente il carattere di una fiera nata sul finire del secolo scorso come evento locale e dedicato alla mountain bike e poi assurto a fiera di riferimento di settore per bravura degli organizzatori (e anche rinuncia di altri eventi concorrenti).
Ecco, a Eurobike era quasi difficile trovare biciclette da corsa e mountain bike tradizionali. Come avevamo già accennato nell’articolo di esordio dell’evento, a farla da padrone, ormai, sono le biciclette elettriche, le e-bike, naturale conseguenza di una ricerca di mobilità diversa, da una parte, e di fatturati che parlano chiaro per le aziende. Se il mercato è lì non si puà più evitare di parlarne. Per qualcuno, forse, potrebbe giustificare anche il cambio completo di produzione ed è un fatto che per cercare le biciclette tradizionali si dovesse avventurarsi dietro i modelli più in evidenza a pedalata assistita.
Nei temi tecnici della fiera, quindi, è impossibile trascurare questa tendenza.
E-Bike a tutta
Come detto, appunto, non si può non partire da qui. Le e-bike sono il fenomeno del momento perché sono dei mezzi per la mobilità. E come tali – mezzi – vengono viste anche le e-road, le biciclette elettriche da corsa che da noi sono percepite come un inquinamento e un insulto al concetto di bicicletta. Qui, semplicemente, sono considerate come “altro” e non certo dedicate a chi ha problemi fisici o difficoltà di allenamento per età o menomazioni. Sono strumenti per divertirsi (e fare fatica proporzionata). Soprattutto, sono strumenti per spostarsi quotidianamente ovunque. Dai viaggi al tragitto per andare a lavorare.
Pensate che Eurobike 2019 ha puntato buona parte della sua comunicazione sulle cargo e-bike, le biciclette da trasporto che permetteranno (e in parte già permettono in diversi Paesi) di muoversi portando anche carichi importanti. Il futuro del trasporto cittadino passerà molto probabilmente di qui e non è questione di mode.
Quelle e-bike sportive
Si può fare sport anche con una e-bike? Sì e non è un insulto allo sport. La possibilità di fare biciclette da corsa elettriche sempre più simili a quelle tradizionali dà anche alle e-bike la guidabilità di un modello sportivo spinto. L’efficienza di motori e batterie ne migliora l’efficienza e fa anche scendere il peso. Non a caso la Wilier Triestina premiata agli Eurobike Award punta proprio su questi argomenti.
Il problema, piuttosto, si sposta sulla legalità. Troppi negozianti riportano di clienti che vogliono biciclette fuorilegge, “sbloccate” nella limitazione dei 25 chilometri orari oltre i quali si parla di ciclomotori elettrici e cambiano un bel po’ di cose dal punto di vista legale. Una battaglia che si sta correndo su due fronti: da una parte il richiamo alla legalità riferendosi ai rischi che si corrono, dall’altra il tentativo di una modifica normativa che possa ammettere le “pedelec” fino a 45 chilometri orari ma con una normativa più blanda rispetto alla classificazione da ciclomotore. Si è parlato anche di questo nei convegni in Germania.
Biciclette tradizionali, materiali e integrazione
Tra le biciclette tradizionali, le “muscolari” come vengono definite per distinguerle dalle elettriche, ci sono pure novità. Certamente in fiera si è vista meno varietà, una minoranza pure interessante nel cogliere alcuni argomenti di riferimento. Nella scorpacciata di fibra di carbonio, ovviamente predominante, c’è spazio anche per la ricercatezza dell’acciaio e dell’alluminio. Sono anni, ormai, che questi materiali non sono più considerati inferiori rispetto al composito. Si tratta semplicemente di caratteristiche diverse a seconda dell’uso che se ne fa.
Per tutti, però, vale la tendenza all’integrazione che si traduce nel far sparire i cavi all’interno del telaio il più possibile. La praticità si inchina all’eleganza, qualcuno storce un po’ la bocca vedendo un cavo meccanico che corre a zig zag dentro al telaio non l’ideale per scorrevolezza, ma le soluzioni trovate (anche in alluminio) sono molto raffinate e apprezzabili.
Nel trascurare le biciclette in fibra di carbonio, scappate altrove rispetto a questa fiera nella maggior parte dei casi, si è notata una rivalutazione dell’acciaio. Qualche telaio era davvero da leccarsi i baffi. E spesso a firma italiana.
Freni a disco
C’è poco da aggiungere sul tema. Ma qui, più che giusto o meno, vale la pena sottolineare la tendenza definitiva: si va verso il tramonto del freno tradizionale, almeno nel top di gamma. Per molte aziende gli ordini nei negozi sono prossimi allo zero da giustificare l’uscita completa dal catalogo. Altri tengono comunque in gamma biciclette in doppia versione ma il fatturato (anche in Italia) segna una tendenza chiara.
I tradizionalisti non devono disperare comunque. Modelli a freni tradizionali continueranno ad esserci (e certamente ce ne saranno sempre tra chi lavora artigianalmente), ma la scelta è destinata a farsi limitata.
Ne valeva la pena?
La domanda ce la stanno facendo in molti. Sì, ne valeva la pena. Le aziende cui l’abbiamo rivolta, hanno risposto così. Oltre ai meeting programmati per questi 4 giorni (di cui uno solo per il pubblico) con cui hanno riempito gli spazi temporali della fiera, ci sono stati comunque contatti nuovi e inaspettati.
Quel che viene da pensare, caso mai, è che sia una fiera sempre meno “italiana”, intesa come interesse di mercato.
Il pubblico professionale è stato tanto e, alla fine, il senso della fiera è quello per chi ne deve sopportare i costi.
Per quanto ci riguarda, poi, abbiamo anche trovato diverse idee interessanti. Abbiamo appena iniziato a raccontarvele, ma la redazione ha ancora parecchio da scrivere e le memorie delle macchine fotografiche si sono riempite di diverse cose interessanti.
Restate sintonizzati.
Guido P. Rubino