10 lug 2017 – In questo giorno di riposo del Tour de France si parla di Giro d’Italia. Si parla di una possibile partenza (data quasi per certa, ormai) del Giro d’Italia da Gerusalemme vantandola come la prima grande corsa a tappe che prende il via al di fuori dell’Europa.
Ecco, non è un vanto questo a nostro avviso. Senza entrare nel merito delle difficoltà logistiche, per le squadre ci sarà ovviamente un’organizzazione che si farà carico degli spostamenti, per i corridori sarà comunque uno stress in più. In aereo si dovrà muovere pure tutta la carovana, pensiamo a tutti i materiali che solitamente, anche nelle partenze europee più lontane, si spostano comunque su strada con i mezzi dei vari team. Uno sforzo non da poco, ma se c’è chi lo copre…
È comunque una difficoltà in più che farà storcere la bocca anche ai corridori visto il viaggio piuttosto lungo anche in aereo e i tempi che si faranno inevitabilmente corti. Oppure si allungherà con un giorno di risposo in più?
A prescindere da queste difficoltà di cui sapremo in seguito, la domanda principale è: che senso ha?
Ok, i soldi, quelli sono ovviamente la spinta in una macchina organizzativa che certo non si sposta e non fa rivoluzioni di questo tipo senza un motivo economico. Non si può neanche fare una colpa a chi cerca di far rendere al meglio il proprio prodotto ma il dubbio è se questa non sia una visione miope.
Esportare il ciclismo in zone dove la bicicletta comunque piace e dove ci sono pure tanti europei a lavorare – con cultura ciclistica – è bello e molte gare in Medio Oriente vengono giustificate così, fermo restando che il pubblico è sempre piuttosto scarso (quando non totalmente assente). Ma questo è il “Giro d’Italia”. Israele non è Italia e non è questione o meno di fratellanza o amicizia tra i popoli. È il Giro d’Italia punto e basta. Già molti si domandano il senso di partenze al di fuori dal nostro Paese. Ok, ma all’interno dell’Europa più o meno unita (la partenza in Irlanda è stata spettacolare) ha pure un senso.
Allontanarsi così tanto dai patri confini rischia di togliere molto interesse e snaturare il nome stesso delle competizione. Se, come anticipato da Cycling Weekly, la decisione è già stata presa (con buona pace della Polonia, altra candidata e per cui era stata invitata la CCC al Giro di quest’anno) vediamo il prossimo Giro d’Italia con tre tappe in meno, quelle corse laggiù. Siamo sicuri che il ritorno d’immagine all’estero giustifichi questa partenza? Speriamo di essere smentiti…
Va bene il fattore economico, ma a salvaguardare il ciclismo ci vorrebbe un po’ di ispirazione alla tradizione che di esperimenti, forse, se n’è fatti già troppi.
Guido P. Rubino
Il ciclismo va (purtroppo…) dove ci sono i soldi.
Con buona pace degli appassionati, degli atleti e della carovana sl seguito!
Il mondiale di Doha non ha insegnato nulla a chi tiene le redini del nostro sport.
Nell’articolo lamentate della durata del trasferimento per gli atleti eppure un volo Gerusalemme – Roma dura 3 ore mentre un volo Dublino – Roma dura … 3 ore! Di conseguenza, se la partenza dall’irlanda è stata giudicata spettacolare non vedo perchè non possa esserlo quella da Gerusalemme.
Anche il punto di vista logistico lascia il tempo che trova: anche in Irlanda si è dovuto caricare la roba sulle navi, scaricarla sul continente e trasferirla lungo la francia e poi l’Italia. A livello di tempi non ci sarebbero grosse differenze: basta sbarcare dove ci sarà la sede di tappa, a Reggio Calabria magari, o in un qualsiasi porto vicino. Anche in questo caso le differenze sarebbero risibili.
L’unico punto di discussione che resta è quello dell’opportunità o meno di far partire il giro dall’estero.
Qui siamo già nel campo dell’opinione però.
Ciclismo è soldi vanno molto d’accordo ma non chiamatelo giro d’Italia sarebbe più giusto attraversare veramente tutte le regioni per far girare la nostra economia.
no al giro d’ italia in israele, il governo di israele non rispetta le minoranze palestinesi e le caccia sistematicamente dai loro territori, stanno copiando dai nazisti ?