9 ott 2018 – I primi ciclisti dell’Eroica sono un disegno di ombre e silenzio, a ruota di un fruscio metallico di catena e pulegge del cambio, gomme sull’asfalto umido di una mattina fortunata dopo la pioggia. L’ultimo colpo di coda dell’acqua al Castello di Brolio, poi il sole a fare l’alba più bella tra umido e nebbie.
Era L’Eroica dedicata a Luciano Berruti, dopo quella dello scorso anno, ancora suonata come un pugile al tappeto per la scomparsa improvvisa. Quest’anno “L’Eroico” numero 1 era sulla locandina e sulle scatole di latta del pacco gara. Ancora di più nel monumento eretto sulla via di passaggio, dove tutto l’anno scorrono ciclisti e si può salutarlo con la mano.
Un’Eroica nata al buio ma, quest’anno, ancora prima, con i temerari che sfidano il percorso più lungo a bordo di biciclette dei primi del Novecento. Hanno preso il via con mezz’ora di vantaggio su tutti, alle 4.30 per poter affrontare il primo tratto di percorso più agevolmente e senza traffico viste le bici col “giro ruota” per cambiare rapporto e il buio che complica tutto.
Che poi, c’era anche la nebbia a fare più nero il silenzio. Le luci di chi parte di notte erano morbide come le prime pedalate, il primo sole li faceva già reduci.
Sono partiti in 7.500 (settemilacinquecento!) e più dalle 5 di mattina in poi. Hanno trovato sterrati compatti e veloci, qualcuno ci ha preso pure un po’ troppo la mano visto che “sembrava quasi asfalto”. Erano strade bianche invece, di quelle che furono e che a Gaiole in Chianti, a due passi da Siena, sono ancora. Così come sono ancora, e per la ventiduesima volta, le biciclette d’acciaio e tintinnio de L’Eroica di Gaiole. La madre di tutte le Eroiche, anzi, di tutte le ciclostoriche che la imitano e, in poche, rilanciano.
Il record di presenze ha visto superare tutti i limiti, perfezionando un’organizzazione che ha accolto e sostenuto bene la sfida di un numero così alto di partecipanti. Quasi tremila dall’estero: settecento tedeschi che sarebbero bastati “A fare un’Eroica in Germania”, sorrideva Brocci, il patron della manifestazione. Poi inglesi, svizzeri, americani, francesi, polacchi (che sembravano tre volte tanti per l’entusiasmo con cui pedalavano e le “tifose” portate per l’occasione con tanto di striscioni per fare il tifo ai ristori).
L’Eroica allarga la sua base e guardandosi indietro parla del futuro del ciclismo. Pensate che è riuscita anche a far tornare sui pedali un marchio come Faema. Le maglie che pedalavano in gruppo, quest’anno, non erano solo quelle rievocative del giovane Eddy Merckx, ma anche quelle di dirigenti e dipendenti di un marchio italiano naturalmente ciclistico, dalla storia in poi. Vince e convince questa Eroica che ha confermato anche Campagnolo tra i sostenitori più importanti dopo aver già coinvolto Bianchi. La mostra dedicata a Campagnolo era un’esposizione di genialità italiana (c’era anche il primo brevetto di Tullio Campagolo: il bloccaggio rapido!) ricercata dall’estero.
Come L’Eroica. What else?
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Guido P. Rubino