16 ago 2018 – C’è un problema sicurezza nelle gare ciclistiche? Dopo aver visto la caduta incredibile di Philippe Gilbert al Tour, che ha lasciato tutti col fiato sospeso per diversi minuti finché non lo abbiamo visto risalire in bicicletta – miracolosamente – oggi, anzi ieri, la notizia di una caduta disastrosa e tragica alla Firenze-Viareggio, gara Under 23 dove alcuni corridori sono volati in un burrone in una discesa veloce.
Michael Antonelli ha avuto la peggio e, pur essendo stato soccorso rapidamente, è tutt’ora in condizioni disperate in ospedale.
Si poteva fare di più? Si poteva evitare?
Dopo eventi di questo tipo la domanda è naturale ma le risposte sono tante e complesse. Come si fa a mettere in sicurezza un intero percorso di una gare ciclistica? Se è capitato a uno come Gilbert, corridore al Tour de France, il più grande evento ciclistico del mondo, figuriamoci in tutte le altre gare srotolando la gerarchia delle categorie giovanili. Una discesa c’è sempre e pensare a vie di fuga sicure in tutte le curve, oppure delle protezioni, rischia di diventare altro rispetto al ciclismo che conosciamo. Ma forse i rischi si possono ridurre. Troppe volte si vedono percorsi che lasciano più di qualche dubbio. In gara si va a tutta, dai professionisti agli amatori e non si può confidare solo nella prudenza dei corridori. Occorrerà probabilmente rivedere i regolamenti per trovare una soluzione per i tratti più difficili.
Anche lavorare sui sistemi di protezione dei ciclisti diventa impresa ardua. Il ciclista, per natura stessa di questo sport, deve viaggiare leggero e non può essere gravato di protezioni motociclistiche (anche se in discesa le velocità sono più motoristiche che ciclistiche). Sistemi di airbag e protezioni della schiena sono pure stati pensati. Ma per ora una declinazione per le gare non è stata mai pensata, sarebbero comunque troppo ingombranti. E non c’è neanche sicurezza tecnologica della bicicletta che possa salvarci da un incidente disgraziato. Ne abbiamo parlato tante volte e non è questo il caso. Anche fare le biciclette più maneggevoli, magari meno performanti ma sicure, non ci preserverà dal caso e da un destino maledetto.
Bisogna lavorare tutti insieme: da chi si occupa del mezzo tecnico a chi pensa a tracciare i percorsi, magari col coraggio di lasciare fuori qualche tratto pur bello e forse decisivo se non si ha la certezza di poterlo mettere in sicurezza come si deve.
Perché altrimenti si rischia di trovarci come oggi, a fare i conti con un ragazzo che a Ferragosto è partito a seguire la sua passione e ora si ritrova con la vita appesa a un filo che la squadra (il GS Mastromarco Sensi Nibali), nell’ultimo comunicato ufficiale, ha appena dichiarato essere sempre più sottile.
RC
Niente, non si può fare niente. I ciclisti scendono al limite e l’incidente è sempre in agguato. L’innovazione dei freni a disco secondo me ha alzato il limite non dato più sicurezza a chi corre per vincere.