3 ago 2020 – “Avete visto Van Aert? Niente freni a disco”, “Tanto non frenava mica…”, “Non servono”
I commenti sono di questo tono nella stagione appena ripartita del grande ciclismo. Per non dire dei tubolari che praticamente tutti i corridori hanno continuato a preferire a dispetto della tecnologia tubeless.
Cosa succede? Se è vero che i professionisti sono il banco di prova definitivo delle tecnologie, queste scelte fanno sorgere qualche dubbio. È già dalla scorsa stagione si giurava sulla conversione definitiva verso i freni a disco, figuriamoci in questa. Tutto sbagliato?
Per alcuni atleti certi adattamenti sono più lenti, ma questo non vuol dire che le nuove tecnologie non servano. Anche con l’arrivo dei pedali a sgancio rapido (metà anni ’80) molti corridori restarono per diverse stagiono con le gabbiette. Oggi ne sorridiamo.
E la scelta di freni e ruote?
Si va, ovviamente, a preferenza dei corridori e anche di disponibilità tecniche. Molte aziende, ormai, non propongono più alternative: le biciclette di top di gamma, quelle date ai professionisti, ormai vengono prodotte solo nella versione disco e c’è da dire che i meccanici non si lamentano più, la velocità del cambio ruote ormai si equivale tra freni a disco e “rim” e nelle cassette degli attrezzi c’è abbondanza di avvitatori.
Perché scegliere ancora i freni tradizionali? Sicuramente per questione di abitudine, quindi, molti corridori preferiscono così e pazienza se c’è da rinunciare a tubolari di grandi dimensioni, da 28 millimetri, visto che normalmente con i freni tradizionali non si riesce a superare la misura da 26 perché non si può lasciare lo spazio necessario.
Soprattutto, vale la pena sottolinearlo per chi volesse imitare i pro’ su strade sterrate come la corsa di sabato, i professionisti non si fanno problemi dell’usura dei cerchi, perché frenare con i pattini sul carbonio, in mezzo a tanta polvere, significa consumare e rovinare inesorabilmente il cerchio in composito, la potenza frenante non sarà certo mancata, ma l’usura è inevitabile.
Coperture tubeless?
Anche per questo tipo di gomme alle Strade Bianche si è preferito stare sul tradizionale anche se le tubeless, proprio considerando il fondo stradale, avrebbero potuto avere molti argomenti a favore. Qui la questione è anche di uno standard unico che ancora manca e che vede spesso disaccordo tra produttori di ruote e di coperture (e bisogna tenere conto anche le forniture delle squadre). Si arriverà a una soluzione univoca? È molto probabile e quasi scontati, anzi. Ma i tempi non sembrano essere maturi.
Diverso, ovviamente, l’approccio se pensiamo all’uso al di fuori delle gare professionistiche e al gravel. Su strade di questo tipo è difficile rinunciare alla tecnologia dei freni a disco e alle coperture tubeless. Ma, appunto, siamo su piani diversi.
Redazione Cyclinside