19 feb 2019 – Tra gli eventi in fiera a CosmoBike Show 2019 un momento interessante, tra storia e tecnologia, è stato l’incontro con Giuseppe Bigolin, il titolare di Selle Italia.
Il marchio italiano ha percorso buona parte della storia del ciclismo e il signor Bigolin è una miniera di aneddoti e curiosità.
Al suo fianco campioni di calibro, da Moser a Chiappucci a raccontare le “loro” selle.
«Ai miei tempi le selle erano quelle nere – raccontava Moser – e non c’erano molte alternative. Al massimo marroni, come quella fatta per Hinault. Però sono già stato fortunato a utilizzare le selle con lo scafo in plastica. Questo mi permetteva di cambiare sella senza problemi senza dover ripetere la procedure di adattamento.
«Quando mi confrontavo con Aldo, da corridore, capivo il loro disagio di correre con le selle in cuoio che venivano spostate da una bicicletta all’altra e quando c’era da sostituirle erano dolori perché si dovevano riadattare – prosegue Moser – Poi io ho corso anche con il marchio Vetta, sempre di Selle Italia, con cui si era iniziato a fare un lavoro di studio già più approfondito (erano i tempi dei Record dell’Ora, ndr)».
Giuseppe Bigolin al ciclismo ci era arrivato quasi per caso. Nella sia famiglia c’era già chi lavorava le selle: il fratello maggiore, Riccardo, che aveva creato la Selle Royal.
«Io stavo iniziato a lavorare nel campo dell’abbigliamento. E avevo già iniziato a trovare qualche commessa importante quando un giorno, mio fratello Riccardo, arriva a casa e mi dice: “ascolta, ho trovato una cosa che potrebbe fare al caso tuo. Ho rilevato un marchio che si chiama Sella Italia e potresti lavorarci tu.
«Figuratevi – continua Bigolin – io ero parecchio scettico, il lavoro nell’abbigliamento sembrava già prendere la strada giusta, ma poi decisi di fidarmi di mio fratello che si dimostrò avere ragione. Modernizzammo il marchio trasformandolo in “Selle” Italia, al plurale e iniziò l’attività».
Sul palco della Gazzetta dello Sport, allestito per l’intervista a Giuseppe Bigolin c’erano tre modelli di selle, gradini di una storia in crescendo. Quella Turbo speciale col nome di Bernard Hinault, la Mythos di Claudio Chiappucci e la Flite di Pantani.
Il “Diablo”, questo il soprannome da battaglia di Chiappucci (conquistato con la sua condotta molto spesso all’attacco, in gara) la mostrava fieramente ai fotografi: «Sapete che sono stato il primo ad avere la sella personalizzata?» mostrando il diavolo ricamato sulla copertura della sua Mythos.
«Claudio era anche un corridore che ci ha aiutato tantissimo nella sperimentazione – è intervenuto Giuseppe Bigolin – i suoi consigli erano preziosi e spesso c’era da combattere per definire correttamente gli spessori dell’imbottitura secondo le sue esigenze.
«Ma il modello che rappresentò una vera e propria rivoluzione – ha continuato Bigolin – è stata la Flite. Vedete le selle vecchie? Avevano lo scafo che curvava verso il basso irrigidendo tutta la struttura. Di fatto quella parte non serviva all’appoggio del ciclista e quando abbiamo cominciato a ragionare sul togliere quella parte della sella, ci siamo accorti che si rendeva la sella molto più elastica, quindi confortevole. Poi si risparmiava pure peso…»
Quella portata a esempio era il modello col pirata, Marco Pantani.
«Dalla Flite in poi tutto è cambiato e si è andati verso selle così tecnologiche che a volte anche io faccio fatica a capire – sorride Bigolin – ma meglio così, ora è il turno di mio figli, Riccardo, che segue i progetti come il sistema id Match».
Nella parte dedicata ai “giorni nostri” gli ospiti dell’evento dedicato a Selle Italia erano d’eccezione anche qui: un corridore formidabile come Adam Hansen e il professor Luca Bartoli, che di Id Match è la mente innovativa.
Hansen è un corridore geniale, basti pensare che si costruisce da solo le calzature in fibra di carbonio con cui corre (ne avevamo parlato in un articolo, qui) ed è una pedina fondamentale nel dialogo tecnologico di Selle Italia con i corridori professionisti.
Al professor Bartoli, invece, è toccato il compito di fare ordine tra i tantissimi modelli di selle presenti nel catalogo Selle Italia, compito per niente facile ma che Bartoli ha affrontato in maniera scientifica:
«Sappiamo che le esigenze morfologiche dei ciclisti possono essere anche parecchio diverse pure tra soggetti simili – ha spiegato rapidamente – ma arrivare al modello perfetto per ciascuno è una via che può essere tortuosa. Con IdMatch abbiamo lavorato proprio nell’individuazione di parametri che ci permettessero di arrivare a un risultato concreto in tempi accettabili (anche dal negoziante più frettoloso, ndr)».
La dimostrazione pratica che veniva fatta nello stand di selle Italia l’abbiamo riassunta nel video fatto ad un visitatore della fiera e che vi riportiamo qui sotto.
Il resto è evoluzione tecnologica che promette ancora sviluppi interessanti. D’altra parte nella storia delle selle, come in quella del ciclismo, c’è ancora tanto da scrivere.
Per chi volesse approfondire: https://www.selleitalia.com
Guido P. Rubino