15 giu 2020 – A quasi un anno da “lancio” ufficiale avvenuto in Germania torniamo a parlare della SuperSix Evo, ovvero l’ammiraglia di Casa Cannondale, la bici da corsa destinata espressamente alle competizioni che non a caso è il mezzo più usato dai professionisti del team EF Pro Cycling, la compagine World Tour equipaggiata dal marchio del Connecticut.
Il video della nostra prova
All’indomani della presentazione, nel giugno 2019 ci eravamo fermati alle caratteristiche tecniche di questo modello, alle specifiche strutturali, alle versioni disponibili e alle innovazioni rispetto alla versione precedente. Questa volta, invece, torniamo non per caso sullo stesso argomento perché con questa bici abbiamo svolto un lungo test di durata, iniziato giusto all’indomani del famigerato lockdown e finito un mese dopo: in trenta giorni, con una SuperSix Evo in versione Hi-Mod (altissimo modulo) spedita da Cannondale Italia siamo usciti venti volte, per una distanza totale di circa 1800 chilometri, sviluppati su percorsi dall’altimetria più eterogenea e in condizioni metereologiche delle più differenti.
L’allestimento e la versione provata
Abbiamo testato la versione di vertice delle numerose previste nella piattaforma SuperSix Evo, quella che ad un prezzo di listino di 10499 euro accoppia al telaio in carbonio Hi-Mod una trasmissione Shimano Dura-Ace Di2 (con freni a disco) unita alla restante componentistica siglata Hollowgram, che è il marchio di proprietà Cannondale e che è interamente sviluppata su specifica per questo telaio: ci riferiamo prima di tutto alle ruote in carbonio KnØT45, all’attacco e la curva semi-integrati Systembar, al reggisella KNØT27 e non da ultimo alla guarnitura SISL2, che sugli allestimenti di vertice della piattaforma “Evo” è proposta di serie con un rilevatore di potenza Power2Max integrato nello spider.
Il peso: leggera sì, ma non da record
Compresi un paio di pedali Shimano Dura-Ace la SuperSix Evo in taglia 51 testata ha fatto segnare 7,25 chilogrammi. Si tratta di un buon livello di leggerezza, soprattutto se si considerano i grammi in più connessi all’impiego del rilevatore di potenza integrato, al profilo alto delle ruote impiegate e al fatto che queste ultime montano di serie delle coperture a copertoncino, nonostante la loro gola tubeless ready sia pronta per accogliere anche il più leggero sistema tubeless. Ci sono bici di altissima gamma di qualche etto più leggere, è vero, ma ricordiamoci sempre che nella gerarchia delle priorità richieste a una bici destinata ai professionisti come è appunto questo, la riduzione di peso non è in cima alla lista: in un contesto dove le bici “top” non vanno mai oltre i 7.5 chili, più della leggerezza nella sua espressione assoluta per un corridore di alto livello contano la rigidità laterale e assieme a questa la capacità di fendere l’aria. La produzione Cannondale degli ultimi tre anni è esemplare in questo senso, sia con questa nuova SuperSix Evo, sia con la SystemSix, anche questa recensita e testata da Cyclinside. Se, comunque, foste “maniaci” della leggerezza, qui qualche tempo fa vi abbiamo spiegato come è possibile alleggerire di qualche etto questa SuperSix.
Il look e la geometria
Le tubazioni filanti, la forcella che si sagoma aerodinamicamente sulla zona sterzo e soprattutto la componentistica dedicata rendono la SuperSix una bici oggettivamente elegante nella sua sobrietà e nel suo “equilibrio”: i 45 mm di altezza del cerchio si sposano perfettamente con il design voluminoso (ma non troppo) delle tubazioni principali, così come la colorazione nero opaca (unica disponibile per questo allestimento) è completamento idealo della stessa finitura che colora i cerchi.
Uguale alle altre? Affatto
A livello di volumi è evidente che la configurazione del telaio si allinea allo standard oggi assai frequente di concepire il triangolo posteriore compatto, secondo una strada che prima di Cannondale è stata aperta da Bmc, Specialized e Scott (solo per citarne alcuni). Sarebbe fuorviante, però, etichettare questa Cannondale come “uguale” a tante altre, prima di tutto perché le caratteristiche di una bici non derivano certo dal design generale delle tubazioni, ma semmai dalla configurazione angolare e dimensionale che hanno queste ultime e inoltre derivano dalle caratteristiche strutturali del carbonio impiegato. A proposito di questo è bene ricordare che anche la Evo, come tutte le top bike della Casa americana, utilizza quello standard costruttivo teso a garantire a tutte le taglie prodotte le medesime caratteristiche strutturali e le stesse caratteristiche di guida, secondo una logica che differenzia proporzionalmente spessori e laminazione interna del carbonio in base alle varie taglie prodotte. È quella che il costruttore chiama Proportional Response e che effettivamente chi scrive ha riscontrato chiaramente. Come? In occasione del “lancio”, lo scorso 2019, ho usato per una uscita di 60 chilometri una taglia M, mentre stavolta la taglia testata a lungo era una S. Dunque, se con la taglia S ho riscontrato maggiore reattività, ma se con quest’ultima ho avuto anche qualche difficoltà in più nelle curve in discesa prese ad altissime velocità, è stato appunto perché questa Small era forse un “pelo” sottodimensionata rispetto ai miei 173 cm di altezza, cosa che invece non ho riscontrato sulla M, che probabilmente era taglia più adatta alle mie caratteristiche anatomiche. Ma è facile immaginare che se fossi stato un po’ più basso è avrei percepito un feeling diverso su entrambe le taglie.
Sempre a proposito di geometria, e sempre nel confronto con la precedente SuperSix, bisogna dire che sulla Evo lo stack è stato leggermente aumentato e questo predispone a trovare un assetto di guida non troppo estremo anche se, come nel mio caso, vai a posizionare l’attacco manubrio direttamente a battuta sul tubo sterzo. A proposito di manubrio e regolazione del cockpit: comodissimi gli spessori distanziali realizzati ad hoc: la loro struttura aperta ti permette di fare qualsiasi regolazione senza intervenire sui cablaggi, che rimangono sempre e comunque integrati e “nascosti” all’interno del gruppo guida e poi del telaio.
Componenti integrati e facilmente fruibili
Se l’integrazione dei componenti con il telaio continua a rappresentare un cavallo di battaglia Cannondale battaglia non poteva non essere così anche per questa nuova SuperSix. Realizzati ad hoc per questo frame sono praticamente tutti i componenti, fatti salvi quelli di trasmissione, sui quali c’è il blasone collaudato ed affidabile della rinomata serie Dura-Ace. Dunque, cominciando dalle ruote, le Hollowgram KnØT45 si allineano perfettamente all’estrema polivalenza che contraddistingue il telaio: si tratta di un set leggerissimo (1540 grammi dischiarati), che brilla su tutti i terreni e che a dispetto del suo profilo medio/alto tollera benissimo il vento laterale. Più della leggerezza le KnØT45 fanno dell’aerodinamica il loro punto di forza e poi completano il tutto con la scorrevolezza e la fluidità degli scorrimenti dei mozzi di produzione DT Swiss, che tra l’altro si avvalgono del sistema di ingaggio trasmissione Ratchet: fluido e silenziosissimo. Eccellente è anche la rigidità laterale del set, che a detta di chi scrive è anche maggiore di quella garantita dal telaio.
Le ruote si fissano al telaio con perni passanti che adottano lo standard Speed Release: estrarre e rimontare le ruote è sicuramente un po’ più veloce di quel che accade con i perni passanti tradizionali, ma a chi pensa che questo sistema abbia risolto tutte le complessità in più del montaggio delle ruote disco diciamo che la fruibilità di questo standard è comunque minore rispetto al classico quick release. Ma rispetto a quest’ultimo – è ovvio – i livelli di rigidità e stabilità che si ottengono sono incomparabili.
Reggisella elegante e funzionale
Passiamo al reggisella: l’Hollowgram KNØT27 ha un design che si adegua perfettamente all’aerodinamico profilo “a coda tronca” del tubo verticale e si fissa su questo con il sistema della vite a espansione che Cannondale ha introdotto per la prima volta sulla SystemSix: come tuti i sistemi di fissaggio similiari è esteticamente perfetto, “invisibile”; ed è anche relativamente facile da utilizzare. Unica accortezza: va serrato con la necessario forza di coppia, altrimenti si rischia che il reggisella “scenda” durante l’uso o, peggio, si rischia di inciderlo se si stringe oltremisura.
Il gruppo di guida semi-integrato
Qualche nota sul gruppo di guida: il rapporto tra funzionalità e design è eccellente. Il sistema di regolazione basculante della curva manubrio consegna tutta la perfezione estetica dei veri “integrati” con, in più, le ampie possibilità di regolazione che hanno i manubri tradizionali. Da parte sua la porzione alto-centrale ha un design schiacciato ma non troppo, che oltre ad essere aerodinamica risulta anche comoda da impugnare.
Rilevatore di potenza per forza
Infine qualche riga sul misuratore di potenza Power2Max integrato nella guarnitura: sappiamo che è uno strumento affidabile e preciso, peccato solo che per utilizzarlo occorra necessariamente il codice di attivazione che costa 490 euro… A detta di chi scrive è solo questo il piccolo grande difetto di questa bici, più che altro perché tutti gli allestimenti della SuperSix Evo in versione HM obbligano a questa scelta, senza dare al cliente la possibilità di optare per una guarnitura “classica”. Almeno per ora.
Il comfort che non ti aspetteresti
Nel parlare di impressioni di guida cominciamo con il requisito che su una bici “racing” come è questa non ti aspetteresti davvero: il comfort e l’assorbimento delle vibrazioni. In questo senso c’è un componente che favorisce in maniera eccellente quella vertical compliance che sulle moderne bici in carbonio è fondamentale per smorzare nel modo e nella direzione giusta la rigidezza granitica che tradizionalmente contraddistingue questi materiali. Ora, complice anche lo “svettamento” di sella elevato che le mie gambe lunghe mi hanno obbligato ad adottare, il reggisella KNØT27assorbe bene tutte le piccole e grandi asperità che si possono trovare sull’asfalto e la fa senza mai penalizzare quella rigidità laterale o quella fermezza nella stazione in sella che su una bici per le alte prestazioni non deve mai essere perso di vista. Sempre in direzione del comfort lavora bene anche il cerchio “panciuto” delle ruote Knot, a sua volta ben accoppiato con l’eccellente morbidezza dei copertoncino Vittoria Corsa Evo da 25 mm montati di serie (e che io ho gonfiato al minimo della pressione prevista (6 Bar sul posteriore, qualche decimo meno sull’anteriore).
Aerodinamica su tutti i fronti
L’eccellenza aerodinamica delle ruote è ribadita anche dal telaio, in merito al quale il produttore ha snocciolato dati che confermano la sua grande capacità di fendere l’aria molto meglio rispetto a quel che accadeva sulla vecchia SuperSix: ora, quantificare esattamente attraverso le sensazioni il beneficio aerodinamico è impossibile, ma è certo che questa bici ti fornisce feedback eccellenti quanto più fai crescere la velocitò, situazione nella quale la bici rimane stabile e “ferma”; se questo accade di certo il merito è anche della sua capacità di neutralizzare bene l’aria a prescindere da quale sia la direzione da cui essa provenga: frontale, laterale, trasversale. Le stesse prerogative emergono evidenti anche in discesa, ad alte velocità, dove il feeling di guida è quello tipico sulle bici d’altissima gamma destinate alle competizioni: la bici da sicurezza nell’entrata in curva, ma come tutti i mezzi da competizione pura ha anche uno sterzo molto sensibile, che necessità anche di una certa competenza e padronanza per poterla governare e di conseguenza sfruttare in pieno le enormi potenzialità.
Ulteriori informazioni: www.cannondale.com
Maurizio Coccia