20 lug 2018 – È facile esaltarsi col ciclismo, certi gesti non possono non toccare il cuore degli appassionati e se sei lì dalla mattina presto o, di più, da un paio di giorni per aspettare una tappa decisiva, è chiaro che la tensione sia alta. Poi aggiungiamoci una birra, anzi due, anzi tante, perché si sa, in compagnia si fa baldoria.
È il ciclismo a bordo strada, quello del pubblico che riempie gli stadi del ciclismo, alcuni più celebri di altri, come l’Alpe d’Huez, un nome che sa di storia e pensi ai grandi che lì hanno vinto, ad altre storie.
Così è bello e non deve cambiare perché il corridore ha bisogno dell’incitamento della gente e non di un tifoso che urla da lontano.
Però ci vogliono rispetto e coscienza. Il guaio è che basta uno per rovinare tutto. Oggi un tifoso è andato addosso a Froome e quella non era una spinta – che pure non va fatta – per aiutarlo. Era un vero e proprio spintone per farlo cadere. Un delinquente.
https://twitter.com/lavuelta_stats/status/1019978544779354112
Poi l’episodio che ha portato Nibali alla caduta, una miscela di pubblico sparso, troppe moto e strada che si restringe. Un errore a monte per i motociclisti a non togliersi di mezzo prima, ma forse c’è un errore in precedenza a lasciare tutto quel pubblico così disordinato senza controllo?
Sullo Zoncolan abbiamo visto una catena umana di forze dell’ordine nei punti più difficili, ma in fondo il ciclismo è stato sempre così e si è sempre parlato di “rischio” per alcuni soggetti sopra le righe. Proprio sull’Alpe d’Huez, nel 1999, Giuseppe Guerini rischiò di compromettere la sua vittoria per un ragazzo in mezzo alla strada con la macchina fotografica. Cadde e ripartì subito verso la vittoria meritata. Di episodi così nel ciclismo ce ne sono stati diversi purtroppo, quel che è inaccettabile, però, è che a causare una caduta possa essere chi fa parte dell’organizzazione: chi dovrebbe, anzi, provvedere alla sicurezza dei corridori.
A ben guardare anche la caduta di Nibali può essere imputabile al pubblico (da un video spuntato in rete si vede chiaramente che il siciliano aggancia, col manubrio, quella che sembra essere la tracolla di una macchina fotografica. Non è neanche vicinissimo al pubblico e si può parlare di sfortuna nera, sì. Certo che quella moto della Gendarmerie lì affianco ha ridotto drammaticamente la strada tanto da far dire allo stesso Nibali che “mi ha fatto cadere una moto”.
In questo assurdo contrappasso ora ne ha fatto le spese Nibali, frattura confermata e ritiro. Prima di lui era stato appiedato lo stesso Froome quando ripartì a piedi, prima ancora la macchina che tagliò la strada ai corridori per passare a tutti i costi e spedendo il povero Hoogerland direttamente sul filo spinato.
Qualcosa non va e occorre metterci mano.
Si è stabilito che in corsa ci possano essere solo autisti certificati, bisogna fare un corso per poter guidare all’interno della corsa e l’idea a. Curioso però come certi episodi sembrano essere aumentati dopo questo inasprimento del regolamento. Sicuri che chi viene autorizzato a guidare in mezzo ai ciclisti sia effettivamente preparato? Viene il dubbio che l’autorizzazione venga data un po’ troppo facilmente, forse a chi non ha un passato a pedali (che non è un peccato mortale, ma forse occorre verificare meglio l’esperienza, perché stare in gruppo non è solo un elenco di regole, ma anche di movimenti istintivi da conoscere. Chi ha corso, chi ha pedalato in gruppo, sa come guidare una macchina in corsa ed è difficile che sbagli. Come stanno ora le cose?
I regolamenti si inaspriscono ma non sembra salire la preparazione del personale addetto alla sicurezza (anzi, l’impressione è di vedere, nei grandi giri, gente sempre nuova). Aumenta il nervosismo troppe volte, ma poi capitano episodi così, dove la corsa più importante del mondo si perde in un episodio assurdamente inaccettabile.
Buona guarigione Vincenzo. Il Tour ha perso un grande corridore e un po’ di spessore, sportivo e organizzativo.
Guido P. Rubino