30 lug 2018 – Una grossa spinta innovativa sull’interpretazione delle discese è stata dal mountain bike, dove grazie alle specifiche discipline veloci la ricerca di una perfetta posizione in bici è diventata fondamentale. Questi studi sono in parte sfruttabili pure dalla bici da corsa, anche se gli obiettivi e i mezzi sono differenti. Mantenere un buon bilanciamento del peso è fondamentale, ma in bici da corsa ci sono altri fattori altrettanto importanti.
Uno di questi è la lucidità dopo aver percorso tappe estenuanti. Ma possiamo anche inserire il risparmio energetico, che è fondamentale su gare lunghe, e la capacità di interpretare strade e discese a prima vista.
Se a volte vediamo in televisione errori che possono sembrare banali, bisogna prima di tutto sempre tenere a mente che le velocità in discesa dei professionisti sono molto alte di quanto abitualmente sperimentiamo (anche nelle gare amatoriali), e in questa situazione l’errore non perdona. Forse quello che si potrebbe chiedere a un professionista per migliorare in discesa sarebbe l’impegno maggiore anche in allenamento: alla fine di una gara lunga per mantenere un buon bilanciamento del peso bisognerebbe aver sviluppato degli ottimi automatismi. A volte quando la lucidità non c’è più – e succede spesso – sono questi a tenerci in piedi.
La posizione in sella è stata spesso rielaborata dai vari discesisti. Ognuno ha trovato la sua, in base alle sue misure antropometriche e alla sua sensibilità. Chi ha passione nella guida in discesa sicuramente cerca di migliorare.
Ricordo lo stile di Chiappucci, che quando nessuno parlava di bilanciamento del peso, aveva sicuramente rielaborato un suo modo di guidare. E ricordo anche qualche sudamericano, come per esempio Ruben Marin, vittime del pregiudizio creato da Adriano De Zan durante le sue telecronache dove spesso descriveva questa gente come incapace in discesa. In realtà ci sono stati discesiti sudamericani veramente validi.
Un fattore fondamentale è l’interpretazione a prima vista. Gli stradisti in discesa sono come piloti di rally senza copilota. Si immaginano la curva. Probabilmente non l’hanno mai vista, ma devono percorrerla al massimo. Questo implica non solo la possibilità di trovare curve che variano di raggio durante la loro percorrenza, ma anche differenze nel manto stradale o parti di umido. La discesa del Mont du Chat che vide la rovinosa caduta di Ritchie Porte al Tour ha delle macchie di umido anche in piena estate, complice la fitta vegetazione. In alcune discese anche la tipologia di alberi fa la differenza: alcuni rilasciano con le foglie o i loro frutti sostanze oleose sotto di loro. La capacità di improvvisare rimane un elemento imprescindibile in queste discese.
Avere delle basi è fondamentale. Una mancata preparazione a questo nelle categorie giovanili difficilmente si recupera da adulto. Spesso però la discesa è una dote naturale. Durante la mia carriera ho visto gente lavorarci e migliorare, ma mai raggiungere i livelli di chi discesista è nato.
Stefano Boggia