18 dic 2018 – Ci scrive un lettore, Fulvio, con un dubbio sui regolamenti e i pesi delle biciclette. Hanno senso così come sono in questo momento?
Ecco la sua domanda:
Sono un appassionato di ciclismo, sport che ho praticato come dilettante e poi a livello amatoriale. Spesso con altri amatori si discute su avvenimenti, aspetti e fatti di questo ambito sportivo, tra i quali quello delle regole a livello professionistico, sul limite di idoneità del “peso della bicicletta”.
Personalmente trovo sommario e senza senso e proporzione giustificare con ragioni di sicurezza lo stesso rigido parametro per atleti con diversità anche notevoli di peso corporeo. Tale limite infatti, va da se che se adeguato per stazze di massima robustezza, sarà invece eccessivo per per fisici di più minute caratteristiche. Chi sa di “CICLISMO AGONISTICO” comprende l’influenza di queste differenze.
Sarebbe facile invece in proporzione al peso dell’ atleta determinare l’eventuale limite per la bicicletta. Credo però che la vera cosa giusta sarebbe chiedere ai costruttori “DOVUTA OMOLOGAZIONE A VERA GARANZIA” della sicurezza dei propri prodotti, in tal caso appunto le biciclette nei loro componenti meccanici, “CHE VALE PER TUTTI E NON SOLO PER I PROFESSIONISTI” naturalmente nei dovuti limiti e responsabilità d’uso prescritti. Lasciare poi la libera scelta di questi alle Case ed ai privati, secondo i normali confronti commerciali tra prodotti, con una “VERA RESPONSABILITA’ DI CONTROLLO DA PARTE DI CHI DI DOVERE”, e senza “INUTILI CONFUSIONI”.
Gantile Fulvio,
si tratta certamente di un argomento delicato che abbiamo avuto modo di affrontare più volte su Cyclinside. Però occorre fare un po’ di chiarezza. I corridori devono correre tutti, per obbligo dell’UCI, con materiali approvati dall’Unione Ciclistica Internazionale.
Questo non vuol dire che i corridori non sperimentino (soprattutto in allenamento) o che non usino, in anteprima, materiali non ancora in commercio. Tali materiali devono comunque essere commercializzati in tempi ragionevoli, in genere non più di un anno. Poi sappiamo che ci sono stati casi quasi al limite, come il primo gruppo elettronico di Campagnolo, utilizzato dalla Movistar per quasi un anno prima del debutto del mercato e, ancora di più, la bicicletta con cui Wiggins ha stabilito il Record dell’Ora. Bicicletta davvero particolare e frutto di uno studio estremo, poi messa teoricamente in vendita ad un prezzo proibitivo.
Anche sul discorso delle limitazioni alla bicicletta imposte dall’UCI c’è da dire un po’ di cose. Sembrano limitazioni fastidiose e in qualche caso anacronistiche. Intanto contestualizzate: la necessità di porre dei limiti allo sviluppo della bicicletta si manifestò a fine millennio quando si iniziò a osare un po’ troppo a livello geometrico sulla bicicletta. Basti pensare, ad esempio, ad alcuni modelli utilizzati proprio per il Record dell’Ora.
Si trattò di frenare la tecnologia? Più che altro l’UCI volle, in quel modo stabilire un assioma: il confronto ciclistico deve essere sopratutto su basi fisiche prima ancora che tecnologiche. In sostanza si voleva riportare il ciclismo a un confronto tra corridori, prima che tra mezzi tecnologici. Se pensiamo alle due beffe subite dal povero Fignon quando perse un Giro d’Italia da Moser nella cronometro finale (grazie all’adozione delle ruote lenticolari, 1984) e un Tour de France da Lemond (che seppe sfruttare al meglio il manubrio con le prolunghe da triathlon, 1989) la cosa ha un senso.
Poi si fecero degli errori a nostro avviso. Il pasticciaccio proprio con i Record dell’Ora stabiliti e poi cancellati (che di fatto portò alla rinuncia di Fabian Cancellara che avrebbe potuto coronare una carriera strepitosa) fu uno di questi, con il ritorno alle biciclette aerodinamiche quando ci si rese conto che si era “uccisa” una prova affascinante e che era pure giusto lasciare uno spazio di ricerca tecnologica per una gara così particolare. Ma anche le limitazioni geometriche imposte alle biciclette che poi sono state riviste proprio per non penalizzare atleti troppo alti o troppo bassi.
Ora c’è la questione del peso che fa discutere, al punto che, come abbiamo sottolineato nella nostra analisi sul mercato pensando alle biciclette superleggere, non è più il peso un territorio di sfida tra le case.
Però anche questo limite dei 6,8 chilogrammi sarà da rivedere prima o poi e all’UCI ci stanno già pensando. Si è parlato di abbassarlo di 400 grammi, portandolo a 6,4 chili. Forse si può osare anche di più giacché sul mercato sono tutt’ora (ma già da diversi anni) in vendita prodotti perfettamente omologati, con cui costruire biciclette anche al di sotto dei sei chili (c’è chi si è spinto anche oltre, sempre con materiali di serie, seppure decisamente particolari).
Insomma, l’evoluzione continua ma si tiene sempre sotto controllo la sicurezza dei corridori come di chi pedala tutti i giorni.
Sui nuovi regolamenti, come detto, sappiamo che l’UCI è al lavoro. Il problema è che si deve comunque uscire con delle regole facili da applicare e pure da verificare. La proporzionalità del peso della bici a quello del corridore sarebbe un optimum cui tendere ma decisamente di difficile verifica (già risultano complessi a volte i controlli sulle biciclette alle gare). Ma un miglioramento, in questo senso, pensiamo possa essere prossimo.
Infine un appunto sulle garanzie e le sicurezze: tutti prodotti in vendita sul nostro territorio (e su quello europeo) devono sottostare a precise leggi di omologazione. Altrimenti sarebbero illegali e chi li dovesse immettere sul mercato si esporrebbe a rischi enormi. Nel nostro dossier dedicato ai prodotti falsi abbiamo affrontato anche questo argomento. Lo aggiungiamo qui sotto per chi volesse approfondire.
Guido P. Rubino